GIOVANNI LUCA VALEA: IN USCITA IL 20 GENNAIO SU TUTTI I DIGITAL STORES SU ETICHETTA LA STANZA NASCOSTA RECORDS L’Ep LA DISCIPLINA DEL SOGNO DEL CANTAUTORE E POETA TOSCANO Disponibile dal 20 gennaio su tutte le piattaforme digitali l’ep La disciplina del sogno del cantautore e poeta toscano Giovanni Luca Valea. Anticipato dal singolo Colibrì, in radio e sui digital stores dal 25 novembre, La disciplina del sogno, distribuito da La Stanza Nascosta Records, è il secondo lavoro in studio di Valea. La copertina dell’ep è un bozzetto del pittore Paolo Staltari. La disciplina del sogno riconferma Valea come battitore libero, capace di emanciparsi da una dimensione meramente derivativa- la melodia del cantautorato colto anni settanta- e di regalare all’ascoltatore squarci folgoranti di inedita contemporaneità. Il suo discorso poetico-musicale travalica ogni confine di genere, confluendo in un ritratto metatemporale e semanticamente policromatico, dominato dalla suggestioni pervasive del violino e sospeso tra umori umbratili e improvvisa redenzione luminosa. Un tempo, come oggi, gli uomini marciano via con coraggio: toccherà sognare il sole, sperare appena in un raggio. Gioco accanto alle parole, respiro aria da ultimo viaggio- canta Valea in Vivo in modo straordinario, abstract concettuale di una dolente sinfonia dell’inquietudine. Gli arrangiamenti esulano dalle stereotipie del pop-rock tradizionale; i tratteggi folk (si ascolti in particolare Una gatta di nome A), le suggestioni barocche (Sì! ha un andamento quasi da rondò, che alterna felici variazioni alla fissità dell’episodio di base) e le atmosfere vicine agli eighties dei synth iniettano nelle maglie compositive benefiche- e sconfinanti- aperture. “La disciplina del sogno” è un’espressione che cela, forse invano, la sofferenza che è presente dietro alcune delle tracce di questo EP – l’ultima in particolare – e che ha segnato, più in generale, lo scorso anno, proprio nel pieno della fase creativa- racconta Giovanni Luca Valea. Amo molto il termine “disciplina”, profondamente interiore. L’ho avvicinato a “sogno” per ragioni di natura davvero troppo intima. Semplicemente pare che debba sognare un po’ troppo spesso e, allora, vivo questa fragilità come una parte privilegiata della mia vita, cercando di addomesticarla, di renderla meno selvaggia. In definitiva, citando Karl Lagerfeld, posso dire che “Mi piace l’idea della pazzia unita alla disciplina”. Note biografiche Giovanni Luca Valea nasce a Firenze il 27 dicembre 1988. Dopo la pubblicazione di tre raccolte di poesie con case editrici indipendenti del territorio toscano, Canzoni di rabbia, poesie d’amore (2016), Una Storia che credevo di aver dimenticato (2019) e Una rosa al Padrone (2021) si avvicina dapprima come autore al mondo della canzone. Ha all’attivo l’ep Iniziali (La Stanza Nascosta Records, 2021) Link utili: IG: https://www.instagram.com/newskinfortheoldceremony/ CREDITS 1.Sì! Testo e musica di Giovanni Luca Valea Arrangiamento di Virginia Settesoldi Mix e Master di Salvatore Papotto 2.Una gatta di nome A Testo e musica di Giovanni Luca Valea Arrangiamento di Claudio Biancalani Mix e Master di Salvatore Papotto 3.Colibrì Testo e musica: Giovanni Luca Valea Arrangiamento e basso: Claudio Biancalani Voce femminile: Giulia Mugnaioni Chitarra: Virginia Settesoldi Violino: Elia Martellini Mix e Master di Salvatore Papotto 4.In fondo Testo di Giovanni Luca Valea Musica di Virginia Settesoldi e Giovanni Luca Valea Arrangiamento di Virginia Settesoldi Voce femminile di Giulia Mugnaioni Mix e Master di Salvatore Papotto 5.Julie Testo e musica di Giovanni Luca Valea Arrangiamento di Claudio Biancalani Mix e Master di Salvatore Papotto 6.Vivo in modo straordinario Testo di Giovanni Luca Valea Musica di Virginia Settesoldi e Giovanni Luca Valea Arrangiamento di Virginia Settesoldi Mix e Master di Salvatore Papotto La disciplina del sogno nel racconto, traccia per traccia, di Giovanni Luca Valea Colibrì Colibrì è un brano che deve qualcosa, lo confesso, al titolo di una poesia di Raymond Carver. È una canzone che fatico a definire d’amore, è il ritratto di una donna e insieme una vecchia storia che aveva qualcosa da dire. Non ricordo la notte della stesura definitiva, faccenda che mi fa pensare che sia sempre esistita; ad ogni modo carta e chitarra erano lì e, per fortuna, c’ero anche io. E tra la guerra, le fughe e il dolore c’è sempre una luce, e l’unica luce è proprio essere amati sulla terra, non altrimenti si vive. Un brano che gioca sul senso dello splendore, credo. Ho avuto la fortuna di farmi affiancare da collaboratori straordinari: da Virginia Settesoldi a Claudio Biancalani, passando per Elia Martellini e il prezioso lavoro di missaggio di Salvatore Papotto. Colibrì apre il lavoro “La disciplina del sogno” come un compromesso tra le varie canzoni dell’EP. Qualcuno ha detto che il compresso è l’antica arte della nobiltà. Può darsi, ma Colibrì l’avrei scelta in ogni caso, nobiltà a parte. Una gatta di nome A È una canzone per la mia giovane gatta. Non sapevo che nome darle ma poi, vedendola così bella e libera, ho pensato di chiamarla A, A di amore e di anarchia. Mi è parso subito perfetto. Nei suoi occhi così comuni e tuttavia di uno splendido verde ho visto le piazze e la felicità, la peculiare capacità degli animali di accettare un essere umano - in questo caso me - senza possibilità di pregiudizio. Si! Sì! è una canzone d’amore e di rimpianto. È la triste certezza che molte cose devono morire e che, date le spalle ai sogni con il cappello e gli occhiali scuri - come d’abitudine - tocca rassegnarsi alla vita degli altri, ai loro spostamenti del cuore. Vuole esprimere davvero, con il verso “e ti ho vista splendere e oscurare”, i tratti del carattere di questa donna, il suo irresistibile disordine. E, in fondo, c’è la parola, questa forza primitiva che fa urlare “Sì!” e concede di scrivere, di cantare. Julie È una storia piuttosto vera, forse troppo. L’ho scritta davanti a questa giovane donna in una vecchio locale della città. Julie era soltanto l’ultimo dei suoi nomi e i vestiti erano, come al solito, di fortuna. Credeva di essere magica e non ho mai pensato di contraddirla. Mi è sembrata, nei suoi tratti, eroica. Per questo l’ho paragonata a Giovanna d’Arco, la sfortunata pulzella d’Orleans, che si spoglia finalmente della leggenda e si abbandona alla sensualità, alla sete d’amore che accomuna tutti noi. L’ho vista ballare di notte in una piazza, senza imbarazzo. Era la libertà nel suo stato più puro, forse la parte più nascosta di ciascuno di noi. In fondo In fondo è una canzone che racconta degli amori che appaiono quando la bottiglia è vuota e tocca tornare, in qualche maniera, verso casa. Ho amato molto l’uso dei synth e l’andamento crescente del brano, che esplode alla fine anche grazie alla voce di Giulia Mugnaioni. Ha qualcosa di scanzonato, anche se sembra esordire con un tono grave, di rimpianto. C’è una certa sordida felicità nel finire la bottiglia e vedersi comparire un volto, oltre ad una strana fierezza. E poi racconta un tratto del mio carattere, il silenzio di chi avrebbe troppo da dire, che sento molto vicino alla mia personalità. Vivo in modo straordinario È la canzone più malinconica dell’EP, scritta in un momento di profonda sofferenza e tuttavia dotata di una veste musicale molto in contrasto con il testo. È stata una buona scelta, suppongo. Non avrei voluto concedere troppo della mia sensibilità. Ho scritto i primi versi a Roma, sulla panchina di un binario, e l’ho finita - non ricordo come e dove - qualche tempo dopo. Credo che l’arrangiamento ne valorizzi certi aspetti. Lo apprezzo molto, in particolare per l’uso del pianoforte. |
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Novembre 2024
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